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Caro uomo che non sei parte del problema…,

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di Silvia Morganti

Caro uomo che non sei parte del problema,

sono certa che ti sia capitato almeno una volta di sentire delle donne pronunciare queste parole:

Ci vogliono zittire, vogliono invalidare il nostro sentire collettivo. Ci vogliono mute, gestibili, accomodanti. Vogliono chiuderci in casa, vogliono farci sentire colpevoli, sbagliate, ridicole. Ci discriminano, ci molestano, ci ammazzano. E non importa a nessuno.”?

E sono altrettanto sicura tu abbia ascoltato un uomo che reputi parte del problema dire: “- Che esagerate! -Sempre gli stessi discorsi! -Non se ne può più delle femministe! – Sicuramente è quel periodo del mese!”

Non so se ti sia mai chiesto quanto sia difficile per noi ogni volta spiegare che no, non è quel periodo del mese e che avere un’opinione personale non è sintomo di isteria. Spiegare che le ragazze e le donne vivono una quotidianità denigratoria e oppressiva. Che sono obbligate ad adeguarsi a degli standard creati da e per gli uomini e, nonostante questo, vengono puntualmente denigrate, discriminate e molestate. Che non sono sempre nervose, ma naturalmente all’erta perché la loro libertà è perpetuamente sotto attacco. Che c’è bisogno di unire le forze per riformare un radicato e pericoloso sistema patriarcale che non coincide con i tempi e con le istanze femminili.

Hai mai pensato a quanto sia penoso sentire gli uomini che credi siano parte del problema, di tutta risposta, rinnegare l’esistenza del retaggio culturale del patriarcato e la realtà di una società che predilige il genere maschile attribuendogli ruoli di dominazione e potere, confinando quello femminile in posizioni subordinate? Rilevando dunque che non è contemplata, se non a parole, la possibilità di ottenere una parità di genere o di affermazione dell’esistenza di stereotipi di genere? E, converrai con me, che non accettandone l’esistenza nulla si potrà mai fare per poterli scardinare. Perché suppongo siano convinti non sia una loro incombenza. Ah, beato privilegio!

Poi curiosamente accade che, quando prendiamo la parola, li vediamo affannarsi per farci apparire come bizzarre o inadeguate. La verità e la potenza delle nostre parole arrivano alle orecchie di tutti e di tutte e li vedi correre ai ripari deridendoci e zittendoci. Per tapparci la bocca.

E noi continuiamo, mio caro amico uomo che non sei parte del problema, con le nostre lotte, che dobbiamo combattere al fianco delle nostre sorelle.

E non credere ci faccia piacere lottare, non pensare che ci incontriamo con gioia nei cortei organizzati contro la violenza sulle donne e nelle fiaccolate per ricordare le tante sorelle vittime di femminicidio. Davvero credimi, non c’è nulla di divertente.

In virtù del privilegio di essere ancora vive, perché ormai di concessione e fortuna si tratta, andiamo avanti nel percorrere con fierezza quel sentiero già battuto da altre. Passo dopo passo continuiamo il nostro cammino e le nostre orme sono sempre più profonde. La strada si fa sempre più agevole e riusciamo talvolta ad arrivare proprio accanto agli uomini che tu credi siano parte del sistema. E li vediamo guardarci sorpresi e sgomenti di trovarci al loro fianco.

E questo li destabilizza, li intimorisce. Perché la loro virilità viene minata, le loro posizioni di dominio compromesse. Ci hanno per anni assoggettate alla funzione di sesso debole. Ma è un ruolo antico, vetusto e noi non lo vogliamo più da tempo. E se ne stanno lentamente accorgendo. E questo fa ancora più paura scatenando, in molti casi, impulsi di prepotenza, rivalsa e violenza. Ma quella paura loro non la vogliono. E se ne liberano cospargendocela addosso come una tanica di benzina. Noi siamo il sesso debole e non dobbiamo dimenticarlo mai. Loro possiedono il potere e la forza e tengono il fiammifero acceso in mano.

– Vedi cosa mi hai fatto fare? Io non volevo farlo, ma mi ci hai portato tu. Io non sono mai stato cattivo, mai stato violento, è tutta colpa tua. Sei tu che sei sempre gentile con gli altri, tu che ogni volta che ti dico qualcosa mi rispondi, tu che non vuoi che ti controllo il cellulare, tu che vuoi indossare quello che ti piace. Io ti amo, ma tu devi comportarti bene. Adesso, adesso hai capito che devi comportarti bene?

– Sì certo.

Certo che ho capito. Ho capito di essere parte di una categoria oppressa da una cultura misogina. Ho capito che se un uomo mi molesta per strada devo esserne lusingata, che non posso uscire con le mie amiche perché i ragazzi potrebbero fraintendere un mio qualsivoglia atteggiamento come un incoraggiamento, che se qualcuno mi palpa le tette o mi mette una mano nelle mutande per una decina di secondi è solamente un gioco, che non posso decidere liberamente del mio corpo perché io non sono mia, ma tua, che devo rientrare negli standard costituiti dalla società, ma solo in quelli concessi da te, che se mi controlli è perché mi ami, che se non vuoi che esca con le mie amiche è perché sei geloso e la gelosia è una cosa bella, che se qualcuno si sente in dovere di stuprarmi è perché me la sono cercata io, che se deciderò di denunciare non mi crederanno, che se un giorno avrò intenzione di lasciarti tu sarai libero di uccidermi.

Ho perfettamente compreso di vivere in una società misogina in cui regna la cultura dello stupro. E in cui bisogna temere il troppo amore.

Ma so anche un’altra cosa mio caro uomo che non sei parte del problema. So di essere donna. E non dimentico che la libertà che abito mi è stata donata dalle lotte di migliaia di donne prima di me. E io a quelle sorelle sono grata e non permetterò che le loro battaglie e le loro sofferenze siano state vane.

So di poter essere fiera di me. E quella fierezza la voglio portare con me quando esco la sera. Lasciando a casa, invece, la paura e il gigantesco mazzo di chiavi. Non voglio scappare e non voglio nascondermi. Voglio essere esente dal timore, dall’ansia, dall’apprensione, dal sospetto, dal dolore.  Non voglio temere, ogni giorno e ogni maledetta sera, di non vedere tornare a casa mia sorella, mia madre, mia zia, mia cugina, mia moglie, la mia compagna, una mia amica o una mia vicina. Non voglio più ascoltare notizie di ragazze e donne abusate, sfigurate, molestate, discriminate e uccise.

Io, mio caro uomo che non ti senti causa del problema, voglio che tutti gli uomini rispettino la nostra libertà sotto ogni forma. E di vedere stabilita una cultura del consenso.

E mi dispiace uomo che non ti senti causa del problema perché in questa società non puoi essere solo uno spettatore. Perché tu sei amico, fratello, cognato, cugino, zio, padre di un uomo che ritieni essere parte del problema. E quindi mi vedo costretta a smantellare questa tua illusione (o alibi) confermandoti che riguarda anche te.

Mio caro amico uomo che non ti senti causa del problema, per permettermi di vivere la mia vita esattamente come fai tu, ci devi mettere una pezza anche te.

 

 

(25 novembre 2023)

©gaiaitalia.com 2023 – diritti riservati, riproduzione vietata

 




 

 

 

 

 

 

 

 



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