di Daniele Santi
Eccolo il governo delle decisioni granitiche da rivedere il giorno dopo, delle leggi rivoluzionarie alle quali mettere mano il giorno dopo, dei decreti che cambiano la vita scritti così male che sono da riscrivere. Dopo che la volontà di abrogare l’app18 ha scatenato un putiferio con tanto di raccolta di firme lanciata proprio da quei soggetti che Meloni e sodali di governo vorrebbero beneficiare, entra in campo l’augusto verbo del ministro della Cultura.
Reputa, il Sig. Ministro, che “si debba fare una riflessione” e riferendosi all’app18, dice che “ridefinirla e rinominarla, affinché questo strumento diventi realmente una modalità di consumi culturali per i giovani, orientandoli alla lettura di libri, alla visita di mostre, ai corsi di lingua e alla musica”. Che è esattamente quello a cui serve la carta che vogliono abolire per farne un’altra identica. Dunque dove sta la novità?
Nella soglia Isee, perché le destre divisive non possono fare a meno di essere tali, così una misura di uguaglianza per tutti i giovani diventa una cosa per chi ha soldi e un’altra per chi soldi non ne ha, o ne ha meno. Il solito colpo di genio? Nemmeno a parlarne. La solita sterzata a destra che non fa nulla di diverso da quello che si faceva prima: si prende una roba, la si contesta, la si centrifuga, la si lascia pressoché identica, le si cambia nome ed ecco la novità. Poi due battute su Facebook, l’agendina da liceale aperta, nome e stellina in primo piano, e via a destra, che di là c’è divieto d’accesso. Ci sono quelli delle truffe e bisogna stare attenti. E lo dicono mentre di qua pensano di cancellare la Legge Severino. Cos’ha a che fare con la app18, direte voi? Nulla, probabilmente, ma ha molto a che fare con le truffe. La Legge mica l’abolizione.
(12 dicembre 2022)
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