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L’Omocausto, sterminio dimenticato di donne e uomini omosessuali

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di Silvia Morganti

Nel corso del regime nazista tedesco, numerosi omosessuali furono internati in campi di concentramento insieme con Ebrei, Rom, Sinti, Jenisch e testimoni di Geova.

Lo sterminio degli omosessuali nei campi di concentramento nazisti è stato indicato come Omocausto. Non esistono statistiche attendibili sul numero di omosessuali che morirono nei campi di concentramento.

Il Paragrafo 175, uno degli articoli del codice penale tedesco, criminalizzava “la fornicazione contro natura” già dal 1871, ma rimase di fatto lettera morta fino all’avvento del nazismo, quando gli omosessuali furono dichiarati “nemici dello Stato” con l’accusa di sabotare la crescita della nazione tedesca e di inquinare la purezza della razza intaccandone la “sana mascolinità” e la capacità riproduttiva.

A distinguere gli omosessuali dagli altri prigionieri era un triangolo rosa cucito sulla divisa all’altezza del petto. Il triangolo era di due centimetri circa più grandi degli altri. Il colore rosa era stato ovviamente scelto per spregi nei confronti di chi era ritenuto effeminato invece alle lesbiche fu imposto, il triangolo nero delle persone “asociali”.
La maggior parte degli uomini gay che soffrirono o morirono nei lager nazisti in realtà portava la stella gialla (perché erano sia gay sia ebrei). Chi aveva il triangolo rosa doveva rispettare delle regole diverse dagli altri:

“Potevamo dormire solo in camicia da notte
e con le mani fuori dalle coperte.
Un omosessuale non poteva ricoprire
un ruolo nel campo, né scambiare una parola
con i detenuti degli altri blocchi:
questo per evitare che potessimo traviarli”….

(testimonianza Heinz Heger studente universitario, appena ventenne, deportato gay);

il triangolo era nero per le donne lesbiche, più colpevoli degli altri in quanto donne che amavano altre donne, dunque infertili, dunque inutili ai fini la discendenza ariana.

Era loro riservato un trattamento che si traduceva spesso in punizioni corporali, torture e violenze, assegnazione ai lavori più usuranti, esecuzioni sommarie, utilizzo come cavie da laboratorio. Cavie per aberranti esperimenti medici di riconversione della sessualità del dottor Carl Vaernet, ad esempio.

La castrazione “a scopo terapeutico”, dalla cui accettazione passava la via per la sopravvivenza, si fece sistematica soluzione medica al “problema omosessuale” da quando, nel 1939, Heinrich Himmler ne ordinò il ricorso forzoso sui prigionieri omosessuali.
Tra gli obblighi quello di frequentare prigioniere del bordello per detenuti e di essere osservati per poter verificare il progresso. Per gli “irrecuperabili”, le camere a gas.

Per gli omosessuali che si salvarono il lager non fu la fine della loro prigionia.
Dai campi di concentramento, da dove non uscirono in nove su dieci, molti passarono infatti nelle prigioni normali. Nel codice prussiano essere omosessuali rimase infatti un reato anche dopo il 1945. Lo era già prima dell’avvento al potere di Hitler e continuò ad esserlo anche dopo in Germania.

Lo sterminio degli omosessuali viene spesso dimenticato.
Tanto viene ignorato, negato, dimenticato nel nostro Paese. L’Italia ha la memoria corta si sa. Per questo c’è ancora una forte urgenza di parlarne.
E magari di leggere o rileggere il racconto di Heinz Heger “Gli uomini con il triangolo rosa”.

 

 

(26 gennaio 2024)

©gaiaitalia.com 2024 – diritti riservati, riproduzione vietata

 

 





 

 

 

 

 

 



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