È dedicata a “La rabbia” la nuova stagione autunnale di Teatri di Vita, che comprende 7 spettacoli di teatro e danza e 1 film, “La rabbia di Pasolini” appunto, che inaugura il programma il 28 settembre. Quella di Pasolini è la “rabbia” del poeta che non si arrende di fronte alle crisi, alle guerre, alle ingiustizie, e trova un modo per raccontare tutto, anche la bellezza. Da qui si sviluppa una stagione che attraversa le grandi crisi e ingiustizre internazionali, come la Palestina con “Nakba – I nosttri occhi sono i nostri nomi” di Enrico Frattaroli (3-8 ottobre), che rievoca la fuga di migliaia di profughi palestinesi nel 1948 con la costituzione dello Stato di Israele, e come l’Ucraina con “Beauty of the beast” del coreografo Anton Ovchinnikov (21-26 novembre; posti limitati), suggestivo spettacolo di danza che oscilla tra la bellezza del balletto russo e la bestialità dei suoi soldati, presentato in prima nazionale. Lo sguardo poetico sull’attualità continua con “Ok boomer” di Babilonia Teatri (12-16 dicembre), un affondo sulle dinamiche del consumismo e dello sfruttamento; e con la ripresa di “XYZ. Dialoghi leggeri tra inutili generazioni” di Andrea Adriatico (29 settembre), che vede un uomo politico (in questo caso Mattia Santori, ideatore delle Sardine e oggi consigliere comunale) confrontarsi con una dozzina di giovani attori in un gioco-spettacolo senza rete. Ma “La rabbia” si addentra, come nel film di Pasolini, anche nell’intimità. Sarà rappresentato per la prima volta in Italia il testo giovanile di Bernard-Marie Koltès “Le amarezze”, con la regia di Adriatico (2-6 novembre), che è stato il primo regista italiana ad affrontare Koltès in molti allestimenti. E sarà reso omaggio a Giovanni Testori, nel centenario della nascita e nel trentennale della morte, con una delle sue opere più intense, “Conversazione con la morte”, interpretato da Gaetano Callegaro per la regia di Mino Manni (24-29 otttobre; posti limitati). E infine, uno dei capolavori di Herbert Achternbusch, “Susn” (10-12 novembre), dedicato a una figura femminile in diverse fasi della propria vita, proposto da Akròama.
“È tempo di rabbia, il sentimento che divora i nostri tempi, i nostri luoghi di confronto e scambio, i nostri rapporti interpersonali. È una rabbia aggressiva, sorda, che non accetta il dialogo e la comprensione. In questo tempo di rabbia, facciamo appello a un’altra rabbia. Quella del poeta, che osserva la crisi del suo mondo e non tace. Esattamente 60 anni fa, nel 1963, Pier Paolo Pasolini compone un film che unisce cinema, poesia e storia, “La rabbia”: un accorato flusso di immagini e parole additando le ferite del mondo e le sue grazie, portando lo spettatore in mezzo alle guerre e all’odio, e suggerendo immagini di amore e speranza.
Oggi, ancora, è tempo di rabbia, della rabbia del poeta, della rabbia che accusa e consola”.
La nuova stagione “La rabbia” è realizzata in convenzione con il Comune di Bologna, e con i contributi di Regione Emilia Romagna e Ministero della Cultura, e conclude un ricco 2023 in cui Teatri di Vita ha festeggiato il suo trentennale, anche con la pubblicazione, in queste settimane, del volume “Bologna 900 e duemila. Teatri di Vita nella città” (ed. Pendragon).
La stagione in abbonamento ha il costo di 60 euro. Il prezzo dei biglietti continua a essere bloccato: 15 euro intero, 13 ridotto, e 9 euro per i giovani under 30; 6 euro per il film.
LA RABBIA, stagione settembre/dicembre 2023
giovedì 28 settembre, ore 21
La rabbia di Pasolini
di Pier Paolo Pasolini e Giuseppe Bertolucci
(Italia 2008, 83’)
con Giorgio Bassani, Renato Guttuso, Valerio Magrelli, Giuseppe Bertolucci
Un documentario poetico dedicato alla storia di un mondo che sta cambiando, quello degli inizi degli anni ’60, da Gandhi a Castro, da Elisabetta II a Marilyn Monroe, dalle lotte anti-coloniali all’elezione del nuovo papa Giovanni XXIII. Nel 1963 i Cinegiornali Mondo Libero di Gastone Ferranti e i materiali reperiti in Cecoslovacchia, in Unione Sovietica e in Inghilterra costituiscono, nelle mani di Pasolini, la base per dare vita a “La rabbia”, un’analisi lirica e polemica dei fenomeni e conflitti socio-politici del mondo moderno, dalla Guerra Fredda al Miracolo economico. Mentre Pasolini è in moviola per completare la pellicola, il produttore decide di trasformarla in un’opera a quattro mani, affidandone una parte a Giovannino Guareschi, secondo lo schema giornalistico del “visto da destra, visto da sinistra”. Pasolini reagisce con irritazione, ma alla fine accetta e rinuncia alla prima parte del suo film per lasciare spazio all’episodio di Guareschi. Nel 2008 Giuseppe Bertolucci si dedica a “risarcire” Pier Paolo Pasolini, tentando di restituire a “La rabbia” i connotati del progetto originale, in questa ipotesi di ricostruzione che alla pellicola effettivamente proiettata all’epoca aggiunge i pezzi tagliati (folgorante e profetico quello sulla televisione!).
venerdì 29 settembre, ore 21
XYZ Dialoghi leggeri tra inutili generazioni
di Andrea Adriatico
con
X – Patrizia Bernardi
Y – Alessio Genchi, Davide Tortorelli, Giacomo Cremaschi, Innocenzo Capriuoli, Marco Celli, Michele Balducci
Z – Andrea Baldoni, Andrea Mattei, Ludovico Cinalli, Massimo Giordani, Matteo Curseri
cura organizzativa Saverio Peschechera
cura ambienti Andrea Barberini, Giovanni Santecchia
cura scenica Lorenzo Fedi, Anna Chiara Capialbi
produzione Teatri di Vita
con il contributo di Comune di Bologna, Regione Emilia Romagna, Ministero della Cultura
Metti una dozzina di giovani attori fra generazione Y e generazione Z, metti un’attrice della generazione X a tirare le fila, e metti soprattutto una personalità della politica che accetta di buttarsi senza rete in scena, per condividere dialoghi e racconti sulla vita e la politica.
Torna sulla scena di Teatri di Vita XYZ. Dialoghi leggeri tra inutili generazioni, l’originale scommessa teatrale-politica ideata e diretta da Andrea Adriatico, in cui le giovani generazioni raccontano esperienze, speranze, fallimenti e quella cosa che illude e disillude che è la politica: e lo fanno confrontandosi direttamente con chi nella politica ha deciso di investire, a prescindere dal partito di appartenenza. Un esperimento in forma di grand tour nelle città italiane (finora ha toccato Cagliari, e nelle prossime settimane sarà a Napoli e Rovigo), per scoprire la politica dei luoghi e l’identità di chi fa politica nei territori.
A Bologna, dopo il poker di candidati alle elezioni politiche di un anno fa, e dopo la partecipazione speciale del sindaco Matteo Lepore in occasione del 30esimo compleanno di Teatri di Vita, sarà in scena Mattia Santori, leader delle Sardine, e attuale Consigliere comunale di Bologna.
Da martedì 3 a venerdì 6 ottobre, ore 21, sabato 7 ottobre, ore 20 ,domenica 8 ottobre, ore 17
Nakba – I nostri occhi sono i nostri nomi XX calligrammi per la Palestina
di Enrico Frattaroli
da “Testimone oculare – Il libro del figlio” di Muhammad Al-Qaysi, ed. Lavoro
con Franco Mazzi
composizioni musicali del palestinese Trio Joubran
dizione poetica in lingua araba e canto mawwal di Samia Qazmuz Bakri
tema al flauto palestinese di Mohamed Al-Zamel
interventi in audio del soprano Patrizia Polia e del basso Federico Benetti
calligrafia araba di Amjed Rifaie
luce Alessio Pascale
audio/video Marco De Angelis
elaborazioni audio e video, composizione melologica e regia di Enrico Frattaroli
produzione Frattaroli & Mazzi
in collaborazione con Centro di Produzione Florian Metateatro
presentato in collaborazione con Assopace Palestina
Nakba in arabo significa “catastrofe” e indica gli eventi che nel 1948 hanno portato alla creazione dello Stato d’Israele e il doloroso esodo di migliaia di palestinesi dalle loro terre, trasformati in profughi, ai quali Israele nega ogni diritto, tra cui il “diritto al ritorno” sancito dalla risoluzione 194/1948 delle Nazioni Unite. A questa pagina della Storia, che condiziona tuttora la vita di milioni di persone e l’equilibrio geopolitico, Enrico Frattaroli dedica uno spettacolo-testimonianza in musica, immagini, parole e grafia, a partire dalla testimonianza di Muhammad Al-Qayasi, profugo a soli 4 anni dal suo villaggio di Kafr’Ana, vicino Giaffa, diventando portavoce di una storia d’esilio che accomuna tutto il popolo palestinese.
Il tema esistenziale, sociale e politico dell’opera autobiografica di Al-Qayasi diventa un intenso momento teatrale, cheFrattaroli allestisce in venti stazioni di racconto poetico: “una partitura le cui dimensioni testuali, musicali, visive e teatrali si integrano quali gradi di libertà, di verità, di uno stesso spazio compositivo” scrive Frattaroli: “Il popolo palestinese è, per propria cultura, un popolo poetico” e i suoi scrittori “restano poeti, restano umani anche negli scritti in cui denunciano la disumanità e l’orrore dei crimini subiti e che continuano a subire”. L’interpretazione di Franco Mazzi è accompagnata dalle musiche del Trio Joubran, il più celebre ensemble palestinese, mentre alle spalle dell’attore compaiono le parole arabe nella loro più suggestiva dimensione calligrafica, alternata a immagini che richiamano la tragedia. Franco Cordelli sul “Corriere della sera” lo ha definito “uno spettacolo che non ha precedenti”.
Enrico Frattaroli ha attraversato la grande stagione dell’avanguardia romana con Giuliano Vasilicò, Memè Perlini, Giancarlo Nanni. Artista indipendente e autore di diverse opere teatrali, acustiche e audiovisive tra cui spiccano il lungo lavoro sull’opera di Joyce e il lustro di produzioni sull’opera del Marchese di Sade (nel 2010 ha portato a Teatri di Vita il suo folgorante “Sade: opus contra naturam”), definisce il suo teatro essenzialmente poetico, in cui la scrittura si offre come partitura organica per altre dimensioni: musicale, spaziale e visiva.
Da martedì 24 a venerdì 27 ottobre, ore 21 sabato 28 ottobre, ore 20 domenica 29 ottobre, ore 17
Conversazione con la morte
di Giovanni Testori
con Gaetano Callegaro
regia Mino Manni
assistente alla regia Marta Ossoli
disegno luci Fulvio Melli produzioneManifatture Teatrali Milanesi
posti limitati
Interrogarsi sulla morte, anzi interrogare la morte sul mistero della vita, all’indomani della scomparsa della madre: “Conversazione con la morte” è uno dei testi più intimi e assoluti di Giovanni Testori, di cui ricorre quest’anno il centenario della nascita e il trentesimo della morte. Un testo in versi, una preghiera forse ancora fragilmente laica e già intensamente votata all’unicità del rapporto con Dio. Il testamento del vecchio autore o del vecchio attore, nudo di fronte alla verità dell’esistenza e della sua intima connessione con la morte: “riunite la morte alla vita, riunitele o su di voi scenderà solo e per sempre lei, la morte fattasi oggetto, la morte fattasi cosa”. “Conversazione con la morte” è forse uno dei testi più umili e ambiziosi dell’autore di capolavori della scrittura teatrale come “L’Arialda”, la trilogia shakespeariana “L’Ambleto”, “Macbetto” e “Edipus”, e ancora “I promessi sposi alla prova”, “Erodiade”, “In exitu”: non a caso lo stesso Testori nel 1978, anno di scrittura dell’opera, decise di recitare questo testo in spazi inconsueti e spogli, con l’ausilio di una sola sedia e di una lampadina che illuminava il copione.
Il regista Mino Manni costruisce lo spettacolo come la condivisione con gli spettatori da parte di “un ‘vecchio’ grande attore che si immola di fronte al pubblico e che si mette a pronunciare parole magnifiche, parole di cui il teatro ha e deve tornare ad avere bisogno, versi violenti e crudeli ma che fanno respirare e che, attraverso la magia e il mistero del teatro, diventano carne pulsante e sangue vivo di attore in una specie di comunione rituale con un pubblico di persone vive”.
Gaetano Callegaro è autore, regista e attore; oltre ad essere socio-fondatore e ora presidente e direttore artistico della Coop. Teatro degli Eguali. Attualmente lavora per le maggiori produzioni del Teatro Litta e per i registi Antonio Syxty, Francesco Silvestri, Andrea Taddei, Alberto Oliva, Giovanni Sacchetti e altri. Dal 2007 fa parte del Comitato Scientifico di Fondazione Cariplo per il Progetto Etre volto allo sviluppo e all’incentivazione di residenze teatrali in Lombardia. Mino Manni, diplomato alla Bottega Teatrale di Vittorio Gassman, ha lavorato con i più grandi registi del teatro italiano tra cui Massimo Castri, Giancarlo Cobelli, Cesare Lievi, Antonio Calenda e Jerôme Savary, direttore della Comédie Française di Parigi. Nella sua carriera d’attore ha lavorato per cinque anni con Glauco Mauri, interpretando opere di Goldoni, Shakespeare e Dostoevskij in Italia e all’estero.
Giovedì 2 e venerdì 3 novembre, ore 21 sabato 4 novembre, ore 20 domenica 5 novembre, ore 17 lunedì 6 novembre, ore 21
Le amarezze
di Bernard-Marie Koltès
traduzione di Marco Calvani
uno spettacolo di Andrea Adriatico
con Olga Durano
e Anas Arqawi, Michele Balducci, Innocenzo Capriuoli, Rita Castaldo, Ludovico Cinalli, Nicolò Collivignarelli, Alessio Genchi, Giorgio Ronco, Myriam Sokoloff
scena Andrea Barberini, Giovanni Santecchia
aiuto scena Anna Chiara Capialbi
cura tecnica Lorenzo Fedi, Giovanni Iaria, Mirko Porta
produzione Teatri di Vita
con il contributo di Comune di Bologna, Regione Emilia Romagna, Ministero della Cultura
in accordo con Arcadia & Ricono Ltd per gentile concessione di François Koltès
prima rappresentazione in Italia
Un ragazzo al centro di un vortice di relazioni familiari e sociali, come in un sogno oscuro e indecifrabile, lacerato dai conflitti, dagli slanci dell’esistenza e dai presagi di morte: così il 22enne Bernard-Marie Koltès, nel 1970, ricostruiva per il teatro il romanzo autobiografico di Maksim Gor’kij “Infanzia”. Dovevano passare ancora sette anni prima che lo sconvolgente debutto di “La notte poco prima della foresta” ad Avignone off lo lanciasse come uno dei più importanti drammaturghi francesi, che ha lasciato il segno con opere come “Lotta tra negro e cani”, “Nella solitudine dei campi di cotone” e “Roberto Zucco”, prima di morire di Aids nel 1989, a soli 41 anni.
Andrea Adriatico è stato il primo regista a portare in scena in Italia le opere di Koltès, in una lunga e intensa frequentazione, da quel monologo avignonese (ribattezzato “L’ultima notte”, 1991) a due riduzioni da alcune prose (“Fuga”, 1992, e “Là dove ci si vede da lontano”, 1994), fino a “Il ritorno al deserto”, 2007) e per la prima volta in Italia “Quai ouest” al festival Vie del 2013. Adesso, ancora per la prima volta in Italia, Adriatico esplora il cantiere teatrale adolescenziale di Koltès con “Le amarezze”. Titolo ambiguo, spiegato così dall’autore: “Come l’acido sul metallo, come la luce in una camera oscura, le amarezze si sono abbattute su Alexis Peskov”, il protagonista muto dell’opera, che è il nome vero dello scrittore russo dalla cui autobiografia Koltès ha preso ispirazione, e che scelse come pseudonimo letterario “Gor’kij”, ovvero “L’amaro”.
Così concludeva la presentazione della sua opera e del suo Alexis il 22enne Koltès: “L’hanno aggredito con la violenza e la rapidità della grandine e del vento, senza che un tratto del suo volto abbia avuto un fremito. Stracciato, bruciato, in piedi finalmente, ha fermato gli elementi come si soffia su una candela. E la sua voce ha trafitto il silenzio.
venerdì 10 novembre, ore 21
sabato 11 novembre, ore 20
domenica 12 novembre, ore 17
Susn
di Herbert Achternbusch
traduzione Luisa Gazzero Righi
regia e direzione artistica di Lelio Lecis
con Julia Pirchl, Roberta Pasquinucci, Tiziana Martucci
e Simeone Latini, Roberto Balistreri, Stefano Serpi
spazio scenico Valentina Enna
costumi Marco Nateri
video Michele Salimbeni
assistente drammaturgia Julia Pirchl
assistente regia Erika Carta
direzione tecnica Lele Dentoni
assistenti tecnici Nicola Pisano, Roberto Lamonica
assistente costumi Patrizia Vacca
sartoria Patrizia Etzi
fotografia Francesca Mu
produzione Akròama
Identificazione di una donna, da teenager piena di speranze a donna matura costretta alla resa. E’ la storia di Susn, diminutivo di Susan, nelle parole dello scrittore bavarese Herbert Achternbusch: una donna costretta tra le sue aspirazioni e un mondo a cui si ribella, còlta in cinque momenti della propria vita, in cui si lascia andare a flussi di coscienza che trascinano aspirazioni e delusioni. Un potente ritratto femminile o forse cinque ritratti di altrettante donne, fotografate in momenti diversi dell’esistenza e della coscienza. Nel primo atto la sentiamo raccontarsi a 17 anni; dieci anni dopo la ritroviamo Susn nel suo appartamento da studentessa, piena di speranza dopo essersi mossa dalla campagna alla città; passano altri dieci anni, e Susn vive ora insieme a uno scrittore, e così via, fino alla resa.
Susn è la storia di una sconfitta esistenziale. Un racconto di rivendicazione femminile che si consuma solo interiormente nell’anima della protagonista, schiacciata e ammutolita dalla presenza di un partner che si appropria delle sue parole, dei desideri, delle rivolte e delle speranze per farla diventare unicamente una sua opera poetica. Lui scrive, lei soccombe. Un’opera potente, già portata a Teatri di Vita dieci anni fa con la regia di Thomas Ostermeier, e ora riproposta nella lettura di Lelio Lecis e Akròama.
Akròama è la compagnia di teatro contemporaneo di Cagliari che il pubblico di Teatri di Vita ha già avuto occasione di conoscere, apprezzare e applaudire in passato, in spettacoli come La casa della madre, Stanza con giardino, Il paese del vento e, l’anno scorso, Lo straniero da Camus. Dal 1977 la compagnia, fondata da Lelio Lecis, ha attraversato prestigiosi festival da Spoleto a Santarcangelo, da Edimburgo a Salisburgo. Attualmente gestisce a Cagliari il Teatro delle Saline.
Da martedì 21 a venerdì 24 novembre, ore 21 sabato 25 novembre, ore 20 domenica 26 novembre, ore 17
Beauty of the Beast di Anton Ovchinnikov prima nazionale, posti limitati
Cosa rappresenti la bellezza del balletto classico russo e tutta la cultura russa per i danzatori ucraini e più in generale per il mondo della danza (così come la cultura russa per la cultura universale) è superfluo spiegare. E allora che rapporto c’è tra la bellezza dei ballerini russi e la bestialità dei soldati russi che invadono, uccidono e torturano? A interrogarsi su questo è un danzatore e coreografo ucraino che si confronta proprio con il suo mito e al tempo stesso con la nuova realtà, in una performance che è danza, critica, atto politico, e trascende la stessa guerra in Ucraina per diventare riflessione sul corpo nella sua ambivalenza tra “beauty” e “beast”. La performance nasce dalla poesia “New Russian Ballet” (nuovo balletto classico) scritta dallo stesso coreografo e poeta Anton Ovchinnikov agli inizi dell’invasione dell’Ucraina, nel marzo 2022. E coinvolge gli spettatori nei loro corpi e nella loro responsabilità, in modo sottile, con dolorosa ironia.
Anton Ovchinnikov, coreografo, danzatore, compositore e poeta, è direttore artistico di Black O!Range Dance Productions e organizza il festival internazionale di danza Zelyonka Space di Kiev. Nel 2015 ha co-fondato la Contemporary Dance Platform ucraina di cui è presidente. Ha insegnato in Ucraina, Polonia e negli Usa. A Teatri di Vita è già venuto 9 anni fa con “As I Became a Traitor”, dedicato al nascente conflitto nel Donbass, mentre l’anno scorso al festival estivo “Cuore di Slavia” ha presentato l’opera di videodanza “Monochrome”, in collegamento dal suo Paese da cui non poteva ancora uscire.
Da martedì 12 a venerdì 15 dicembre, ore 21 sabato 16 dicembre, ore 20
Ok boomer. Anch’io sono uno stronzo
testo Nicolò Sordo
regia, scene e adattamento del testo Babilonia Teatri
con Nicolò Sordo, Filippo Quezel
direzione di scena, video e audio editing Luca Scotton
disegno luci Babilonia Teatri, Luca Scotton
artwork di scena a cura di Riccardo Raffin
foto Eleonora Cavallo
coproduzione La Piccionaia, Fondazione Sipario Toscana, Romaeuropa Festival
Sabato pomeriggio in un centro commerciale: un ragazzino, beccato a rubare un paio di Nike Air, porta accidentalmente alla luce una realtà ben più torbida nascosta nel seminterrato del negozio: un laboratorio dove lavorano persone sfruttate ridotte in schiavitù; e così, un manipolo di eroi improvvisati cerca disperatamente di salvarli, ma solo per salvare sé stessi e le proprie esisten- ze mediocri. Il testo di Nicolò Sordo, basato su una storia vera, ha vinto nel 2021 il Premio Riccione “Pier Vittorio Tondelli” e ora approda in scena nell’interpretazione di Babilonia Teatri, al loro primo spettacolo basato su una drammaturgia pre-esistente. Consumismo, capitalismo, scontro generazionale: è la “tragedia del nostro tempo”, che consente a Babilonia Teatri, insieme allo stesso autore-attore in scena con Filippo Quezel, di affondare mani e piedi nei paradossi che ci circondano e che incarniamo. “Uno spazio metropolitano e mefistofelico – si legge nelle note di regia – popolato da due moderni Vladimiro ed Estragone con corpi nudi pietrificati da luci al neon che vivono in attesa di un paio di Nike. Icona pop per eccellenza, la Nike Air Jordan, diventa il nostro pasto eucaristico, il nostro rito di eternità”.
Nicolò Sordo, attore, scrittore e drammaturgo, ha vinto numerosi premi e riconoscimenti per i suoi testi, tra cui “Camminatori della patente ubriaca” (rappresentato nei principali festival italiani, di cui Hystrio Festival). Filippo Quezelè regista e attore padovano. In teatro ha lavorato, tra gli altri, con Babilonia Teatri (“David è morto”), Teatro dell’Elfo (“Atti osceni”, “Cercivento”), Teatro Stabile del Veneto ed Ert. Il suo documentario “Non lo so” è stato selezionato al festival “Visioni italiane”, mentre il corto “Tinder” vince premio del pubblico e della giuria al Lago Film Fest.
Babilonia Teatri, fondato da Enrico Castellani e Valeria Raimondi nel 2006, è tra le compagnie più innovative del panorama teatrale contemporaneo, distinguendosi per un linguaggio che a più voci viene definito pop, rock, punk, in spettacoli come made in italy (Premio dello Spettatore di Teatri di Vita), a cui sono seguiti, tra gli altri, The end,Calcinculo, Pietre nere, tutti presentati nel nostro teatro. Babilonia Teatri ha vinto numerosi riconoscimenti tra cui il Premio Scenario, due premi Ubu, il premio Hystrio, il premio Franco Enriquez, il Premio Associazione Nazionale dei Critici di Teatro, il Leone d’argento alla Biennale di Venezia.
(25 settembre 2023)
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