Il centenario della nascita di Giovanni Testori è anche il trentennale della sua morte: Teatri di Vita ricorda il grande scrittore e drammaturgo presentando una delle sue opere più intime e intense, “Conversazione con la morte”, una interrogazione sul senso della vita, che l’autore scrisse all’indomani della morte della madre, e che diventa non disperazione ma serena accettazione dell’umanità. A incarnare in scena questo appassionato capolavoro poetico è Gaetano Callegaro, diretto da Mino Manni: appuntamento a Teatri di Vita (via Emilia Ponente 485, Bologna; tel. 333.4666333; teatridivita.it), da mercoledì 25 a domenica 29 ottobre, alle ore 21 (sabato ore 20, domenica ore 17). I posti per ciascuna replica sono limitati.
Lo spettacolo “Conversazione con la morte”, prodotto da Manifatture Teatrali Milanesi, è all’interno della stagione teatrale “La rabbia”, realizzata con il contributo del Comune di Bologna, della Regione Emilia Romagna e del Ministero della Cultura.
Interrogarsi sulla morte, anzi interrogare la morte sul mistero della vita, all’indomani della scomparsa della madre: “Conversazione con la morte” è uno dei testi più intimi e assoluti di Giovanni Testori, di cui ricorre quest’anno il centenario della nascita e il trentesimo della morte. Un testo in versi, una preghiera forse ancora fragilmente laica e già intensamente votata all’unicità del rapporto con Dio. Il testamento del vecchio autore o del vecchio attore, nudo di fronte alla verità dell’esistenza e della sua intima connessione con la morte: “riunite la morte alla vita, riunitele o su di voi scenderà solo e per sempre lei, la morte fattasi oggetto, la morte fattasi cosa”. “Conversazione con la morte” è forse uno dei testi più umili e ambiziosi dell’autore di capolavori della scrittura teatrale come “L’Arialda”, la trilogia shakespeariana “L’Ambleto”, “Macbetto” e “Edipus”, e ancora “I promessi sposi alla prova”, “Erodiade”, “In exitu”: non a caso lo stesso Testori nel 1978, anno di scrittura dell’opera, decise di recitare questo testo in spazi inconsueti e spogli, con l’ausilio di una sola sedia e di una lampadina che illuminava il copione.
Il regista Mino Manni costruisce lo spettacolo come la condivisione con gli spettatori da parte di “un ‘vecchio’ grande attore che si immola di fronte al pubblico e che si mette a pronunciare parole magnifiche, parole di cui il teatro ha e deve tornare ad avere bisogno, versi violenti e crudeli ma che fanno respirare e che, attraverso la magia e il mistero del teatro, diventano carne pulsante e sangue vivo di attore in una specie di comunione rituale con un pubblico di persone vive”.
Gaetano Callegaro è autore, regista e attore; oltre ad essere socio-fondatore e ora presidente e direttore artistico della Coop. Teatro degli Eguali. Attualmente lavora per le maggiori produzioni del Teatro Litta e per i registi Antonio Syxty, Francesco Silvestri, Andrea Taddei, Alberto Oliva, Giovanni Sacchetti e altri. Dal 2007 fa parte del Comitato Scientifico di Fondazione Cariplo per il Progetto Etre volto allo sviluppo e all’incentivazione di residenze teatrali in Lombardia. Mino Manni, diplomato alla Bottega Teatrale di Vittorio Gassman, ha lavorato con i più grandi registi del teatro italiano tra cui Massimo Castri, Giancarlo Cobelli, Cesare Lievi, Antonio Calenda e Jerôme Savary, direttore della Comédie Française di Parigi. Nella sua carriera d’attore ha lavorato per cinque anni con Glauco Mauri, interpretando opere di Goldoni, Shakespeare e Dostoevskij in Italia e all’estero.
(18 ottobre 2023)
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