
di
Giancarlo Grassi #Politica
twitter@gaiaitaliacom #Puglia
Quando il 20 giugno abbiamo pubblicato
la notizia della candidatura in Puglia di
Ivan Scalfarotto, candidato Governatore per la coalizione composta da Italia Viva, Azione e + Europa, la nostra pagina Facebook è stata
inondata di commenti che inneggiavano all’odio contro Renzi
che voleva regalare la Puglia alle destre.
Qualcuno forse ricorderà che il bravo
Michele Emiliano - che ha l’unico difetto, anche se non è l’unico ad averlo, di essere
un uomo di destra che mal si nasconde dentro un partito che si spaccia di sinistra - , dette la sua benedizione nel 2018 all’alleanza neofascista di M5S e Lega, un
endorsement servito unicamente
in chiave antirenziana e che veniva giustificato a
Repubblica con queste parole
Ho letto il programma e l’avrei sottoscritto dalla prima all’ultima clausola. Nella sostanza e nella forma è compatibile con il programma della Puglia e compatibile con istanze di progresso. Il M5S non ha niente a che fare con Orban. Il Pd poteva stare al tavolo e contribuire a scrivere quel programma, ma Renzi non ha voluto”,
il quotidiano del
Fu Scalfari citava un’intervista del Governatore della Puglia a
Skytg24. Senza risparmiare le critiche al
PD che non aveva voluto l’alleanza col M5S
Emiliano proseguiva poi con i salamelecchi a
Luigi Di Maio dichiarando “Apprezzo le forti rigidità contro i reati di Pubblica amminitrazione e mafia, è un fatto molto importante per il Sud (…) celebrando il M5S come “una forza a trazione meridionale (…) – il leader è di Napoli e sarebbe davvero suggestivo se la salvezza di questo paese dovesse passare per un leader partenopeo, sarebbe una bella lezione”.
Naturalmente ad
Emiliano nel suo furore anti-renziano è poi sfuggita la necessità di rettificare quanto detto e di sottolineare che il “lader meridionale” di cui parlava, leader non era (il leader era ed è Casaleggio), non era e non è capace di fare il ministro (né agli Esteri né al Lavoro) e non era e non è nemmeno un politico. Tacque anche quando
Renzi fece saltare
Salvini.
(22 giugno 2020)
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