di Daniele Santi
Dall’elezione di Elly Schlein, che ha vinto con l’impopolarissimo voto delle primarie, perché dicono che vogliono il bene del popolo per poi schifare le decisioni del popolo, il PD ha perso alcuni di quei suoi rappresentanti che costituivano oggettivamente una palla al piede per l’evoluzione in senso realmente progressista di un partito che dalla sua nascita ha vissuto con il freno tirato per le troppe ambizioni poltroniste, di quelle correnti lì.
Una cosa è sbattere la porta perché non si è d’accordo a priori con la nuova segretaria, prima ancora che la nuova segretaria apra bocca (perché in Italia la prima dote di un politico deve essere la divinazione), un’altra è andarsene dopo essere stati eletti nelle fila del PD, avere avuto dal PD un importante incarico all’interno del Copasir dichiarando di non voler sentire parlare di dimissioni, perché poltrone e culo diventano tutt’uno. Se poi alla mera questione politica si aggiunge la dichiarazione che Borghi passato a Italia Viva ha rilasciato, le risate diventano incontenibili. Secondo il transfuga legittimato dalle sue opinioni personali, cambiate radicalmente da febbraio a oggi e arrivate al capolinea subito dopo la poltrona del Copasir, Elly Schlein ha “trasformato il PD in un partito massimalista“. Ne deriva che Bonaccini è presidente di un PD massimalista e che tutti gli esponenti PD sono massimalisti (e parlare di massimalismo rispetto ad esponenti come Marta Bonafoni… insomma)… Questo nel giudizio di Borghi che avrebbe fatto prima a dire “vado di là perché c’è più spazio e posso essere più visibile”.
Massimalista è colui, secondo i colti, assume all’interno di un partito o di un’organizzazione, posizioni rigidamente e velleitariamente estremistiche che significa, in soldoni, almeno assumere una posizione. Schlein in questo, con tutto il rispetto, è ancora piuttosto vaga. Vaga come le definizioni che Borghi ritiene di dover dare rispetto alle sue decisioni quando bastava un ordinario “Qui non ci sto più”. E tanti saluti.
(27 aprile 2023)
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